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Questa mattina su Pagina 3, il programma di radio 3 dedicato alle pagine culturali, Nicola Lagioia ha parlato di lettura e librerie. Lo spunto è quello dell’appena introdotta legge sulla lettura, che fissa i termini del massimo margine di sconto al 5% e si impegna nella promozione della lettura con iniziative mirate.

E’ solo un primo, piccolo passo di una scalata ancora tutta da realizzarsi. Perché se da un lato è chiaro che la competizione dei colossi commerciali è spietata, dall’altro è ancor più evidente che non sarà un 5% a fermarla né a fare del deserto culturale italiano una bellissima oasi. Poiché di questo si tratta, le librerie sono delle oasi nel deserto urbano delle nostre città, sempre più uguali nei loro tessuti, sempre più conformiste e schiave della dinamica mangio&vesto: negozi di vestiti, ristoranti, cibo da strada e qualche banca per prelevare. Da Palermo a Bolzano i centri storici diventano cartoline, le periferie rimangono nel totale abbandono e l’elenco delle oasi che ancora resistono si assottiglia  di giorno in giorno.

Delle due l’una, o riconosciamo che la lettura è una cosa socialmente necessaria, e che dunque i vettori della lettura sono dei presidi socio-culturali, oppure no. Permanere in questa ambiguità di fondo può permetterci di rimandare di qualche tempo l’inevitabile ma non di invertire la tendenza.

Questo non significa fare delle librerie una nuova casta ma riconoscere che le librerie, come il cinema e il teatro, hanno un valore culturale e sociale che va tutelato e agevolato poiché svolgono un servizio che non può essere demandato alle sole logiche di mercato, all’interno delle quali Amazon e compagnia non fanno niente di male, ma fanno quello che devono fare al meglio: puntare al profitto.

Con la legge della lettura forse si è girata la copertina di un libro molto impegnativo, la cui storia può essere fondamentale per il nostro paese ma è ancora tutta da scrivere.