Quanto successo tra l’8 e il 10 ottobre è un fatto molto grave. Ma più grave ancora, se possibile, è il suo passare quasi del tutto inosservato.
Portici di carta, la kermesse all’aperto targata Salone del Libro, sembra essere confermata per il week end del 17-18 ottobre, ma non sarà la libreria più lunga d’Italia della quale ancora oggi tutti si fregiano.
Perché nello stesso 8 ottobre in cui veniva reso pubblico il programma della manifestazione da parte del Salone del Libro, all’associazione Casamalta – da quest’estate organizzatrice del Libro Ritrovato che per tradizione si univa sempre a Portici di carta in una edizione speciale – veniva comunicato telefonicamente che la parte di manifestazione in capo a loro sarebbe stata cancellata.
Giornalisti ed entusiasti avrebbero anche potuto scrivere che mentre 63 librerie e decine di editori esporranno in via Roma, 58 librai ed operatori professionali che magari non hanno una libreria venivano fatti fuori a una settimana esatta dall’evento che alcuni aspettano per tutto l’anno; e che a nulla sono valsi i quotidiani sforzi di interlocuzione dell’associazione che li rappresenta.
Una sinergia, quella tra Portici di Carta ed il Libro ritrovato, peraltro rivendicata e prevista nel bando di assegnazione del Libro ritrovato vinto da Casamalta e mortificata con la peggiore delle giustificazioni che non è neanche una giustificazione: il Libro Ritrovato è stato annullato per non inserire “troppi banchi” e per il timore di una manifestazione troppo grande; ma chi partecipa e organizza il Libro ritrovato (come la maggior parte dei librai di Portici di Carta) sa benissimo che il fattore di attrazione non è il libro Ritrovato, ma Portici di Carta.
Il risultato di questa operazione di acume disarmante è pertanto che 58 espositori saranno eliminati inutilmente, perché il pubblico attratto sarà lo stesso, con la pericolosa variante che invece di spalmarsi fino a Porta Nuova sarà tutto concentrato in via Roma.
Sarebbe bastato un confronto pacato e intelligente tra tutti i soggetti coinvolti per evitare conseguenze molto gravi; prima tra tutte l’applicazione di un criterio covid da due pesi e due misure non giustificato da alcun argomentazione legittima se non la paura stessa.
Ma più di ogni altra cosa avrebbe risparmiato a tutti noi l’amara constatazione che, pandemia o meno, a venir meno sono sempre più non solo i principi di solidarietà, umanità e cittadinanza che già assumiamo per dimenticati, ma i doverosi principi di correttezza, adeguatezza ed eticità politica, istituzionale e professionale che chi governa e fa “cultura” in questa città dovrebbe avere.